Certe volte credo che forse, se volesse, Reese potrebbe cambiare. Ok, sto scherzando, mi sembra davvero impossibile. Reese non può cambiare. Un idiota rimarrà sempre un idiota, giusto?Mentre io cerco di risolvere questo dubbio esistenziale mamma sta passando in quella fase perché-sono-rimasta-di-nuovo-fregata. In poche parole Jamie la sta facendo impazzire, ha mostrato di non essere un anomalia nel nostro sistema chiamato “famiglia”. E a quanto pare mamma avrà bisogno di un professionista per rimediare. Intanto, camminando per strada, io Reese e Dewey ci siamo imbattuti in un trampolino. Si, uno di quei trampolini da piscina. Ci è persino toccato portarlo a casa perché mio fratello aveva in mente qualcosa di “spettacolare”. Dopo esserci quasi ammazzati per portarlo in giardino abbiamo realizzato che, se mamma e papà lo avessero visto, noi saremmo stati buttati giù da quel trampolino. Ma in mezzo all’oceano atlantico. Eppure quel testone di Reese insisteva che dovevamo tenerlo perchè ormai sapeva che sarebbe diventato “troppo grande” e che la vocina della responsabilità avrebbe prevalso su quella delle stupidità. Voleva fare qualcosa di fantastico, che venisse ricordato negli annali. Quindi alla fine lo abbiamo capito e abbiamo deciso di aiutarlo. Mamma ha chiamato Francis per aiutarla a ricordare. So solo due cose di questa faccenda: primo che sta tenendo impegnati i miei genitori, secondo che mi sono trovato Francis che piangeva sul divano. Comunque ieri sera, dopo ore e ore a pensare su come rendere uno stupido trampolino un’opera da ricordare, abbiamo chiamato Reese. Gli abbiamo fatto indossare un casco e lo abbiamo preparato. Avrebbe saltato, volato (grazie a dei razzi di segnalazione) ma soprattutto affascinato i telespettatori che da internet (grandidioti.com) lo avrebbero visto. Era commovente. Non sto neppure a raccontarvelo, vi dico solo che alla fine gli spettatori hanno potuto vedere mio fratello sotto delle macerie colpito da razzi di segnalazione. Questo dovrebbe spiegarvi qual è stato l’esito della nostra “opera”. Perché sempre a noi devono capitare?